La rubrica dei Ministranti

PARTE PRIMA: MINISTRANTE NELLA CHIESA

La comunità dei battezzati
Gesù risorto, nel giorno di Pentecoste, ha donato ai suoi discepoli lo Spirito Santo e ha chiamato tutte le genti a costituire il suo Corpo, che è la Chiesa. Tutti noi, membra di questo Corpo, siamo guidati e animati da Cristo stesso attraverso i sacramenti, primo fra tutti il Battesimo.
Nel Battesimo, che trova completezza e perfezionamento nel sacramento della Confermazione, siamo diventati figli di Dio e membri della Chiesa: Dio non salva gli uomini da soli, ma inseriti in un popolo.
Ogni battezzato fa parte della famiglia cristiana, di una parrocchia, di una diocesi, della Chiesa universale.
I primi cristiani vivevano l’unità attorno agli apostoli; oggi i cristiani devono farlo con i successori degli apostoli: i vescovi, attorno ai quali si costruisce la Chiesa locale o diocesi.
Il Vescovo della Chiesa diocesana di Roma è il Papa. Egli è il successore di San Pietro, il capo degli apostoli; pertanto, il Papa è il capo dei Vescovi e rappresenta la guida spirituale e il segno dell’unità della Chiesa universale.
Il segno per eccellenza della comunità ecclesiale dei battezzati è l’assemblea eucaristica: elemento di unione con la propria comunità e con quelle lontane.
L’assemblea che si riunisce attorno al Vescovo è la principale manifestazione della Chiesa, perché se il Vescovo, come persona singola, è già il segno della Chiesa, lo sarà in modo maggiore se viene circondato dal suo popolo per la celebrazione dell’unica Eucaristia.
La Messa del Vescovo che più di ogni altra esprime la comunità diocesana è quella che egli celebra il mattino del Giovedì Santo [a Siena, il mercoledì santo]. È l’unica Messa che viene celebrata in Diocesi e raccoglie intorno al Vescovo tutti i presbiteri [i sacerdoti], suoi collaboratori.
I presbiteri collaboratori del Vescovo sono, in primo luogo, i Parroci, attorno ai quali si radunano le comunità parrocchiali o parrocchie, di cui sono responsabili e in cui rappresentano il Vescovo stesso dal quale sono stati inviati.
Come l’assemblea liturgica attorno al Vescovo, anche quella che si forma attorno al Parroco per la Messa domenicale è la massima espressione della Chiesa. La Messa domenicale raduna la famiglia dei cristiani per vivere la Pasqua settimanale, per rendere grazie a Dio e ottenere perdono e salvezza.
Sarebbe bello e significativo vedere ogni domenica riunite attorno all’altare tutte le famiglie della comunità parrocchiale, genitori e figli al completo.
La famiglia è una piccola Chiesa, perché è una piccola comunità, parte della famiglia parrocchiale, diocesana ed ecclesiale. La famiglia è dunque cellula vivente del Corpo di Cristo, ma la cellula si alimenta, cresce e si sviluppa solo se vive nel corpo: la famiglia più sarà unita nell’Eucaristia, più sarà unita a Cristo e alla sua Chiesa.

L’assemblea cristiana
Tanta gente al cinema, al teatro, in un corteo, allo stadio, in chiesa…
In tutte queste riunioni si trovano tante persone raccolte insieme. C’è però una differenza profonda tra le riunioni fuori della chiesa e quelle in chiesa: nelle prime le persone sono soltanto riunite insieme attratte dallo stesso interesse; in chiesa invece l’unione dei fedeli è molto più profonda: essi formano non soltanto un gruppo, ma un’ASSEMBLEA CRISTIANA.
Gli Atti degli Apostoli descrivono i primi cristiani come «assidui nell’insegnamento degli apostoli, alle riunioni comuni, alla frazione del pane e alla preghiera… lodando insieme Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo» (At 2,41.47). Da allora la Chiesa mai trascurò di riunirsi in assemblea per l’Eucaristia e la preghiera.
Nell’assemblea cristiana Gesù stesso si fa presente: «Dove due o tre sono riuniti nel mio nome là sono io in mezzo a loro» (Mt 18,20). Il saluto del celebrante rivolto all’assemblea «Il Signore sia con voi», vuole appunto esprimere questo augurio e questa realtà: la presenza di Gesù in mezzo all’assemblea dei suoi battezzati.
L’assemblea cristiana ha inoltre caratteristiche speciali che non si trovano in nessun’altra assemblea: è un’assemblea di battezzati, è un’assemblea di peccatori, è un’assemblea di fratelli uniti nella carità.
L’assemblea è un «segno liturgico» che esprime la Chiesa, il nuovo popolo di Dio, la famiglia di Dio formata da tante persone che, anche se non conosco, so che sono miei fratelli, figli dello stesso Padre.

I ministri della Chiesa
Cristo è l’unico ed eterno sacerdote: egli è il vero mediatore tra l’uomo e Dio.
Con il Battesimo anche tu partecipi al sacerdozio regale di Cristo e puoi innalzare al Padre la tua preghiera. Ma i vescovi, i presbiteri e i diaconi hanno una partecipazione tutta speciale al sacerdozio di Cristo: il sacerdozio ministeriale.
I vescovi hanno raggiunto la pienezza del sacerdozio e perciò possono porre tutti gli atti di culto.
I presbiteri hanno il compito di celebrare la Messa, i sacramenti del Battesimo, della Penitenza e dell’Unzione degli infermi, e benedire il Matrimonio.
I diaconi hanno la potestà di annunciare il Vangelo, distribuire il corpo e il sangue di Cristo, istruire i fedeli, guidare la preghiera, celebrare il Battesimo, benedire il Matrimonio.
Per altri atti di culto pubblico è sufficiente una speciale benedizione ei si costituiscono i ministeri: è il caso degli accoliti e dei lettori.
Gli accoliti vengono abilitati ad aiutare i ministri nelle azioni liturgiche e a distribuire l’Eucaristia (ministri straordinari dell’Eucaristia).
I lettori vengono abilitati a proclamare la Sacra Scrittura nella Chiesa, ad eccezione del Vangelo.
Anche i ragazzi, soprattutto se cresimati, possono compiere un servizio liturgico nelle celebrazioni: essi sono chiamati «ministranti».

Il Battesimo: punto di partenza del ministero liturgico
Giovanni Paolo II, in un breve discorso ai giovani ministanti di tutto il mondo in pellegrinaggio a Roma il 10 aprile 1985, ha detto che il Battesimo è il punto di partenza del ministero liturgico: «Vorrei ricordarvi che le vesti bianche che voi portate, quando prestate servizio nelle sacre liturgie, ci sono perché anche voi un giorno avete ricevuto la veste del Battesimo».
Il Papa prosegue poi nel suo discorso indicando alcune importanti condizioni per poter svolgere il ministero con dignità:
a) Essere sempre coscienti di ciò che si fa: «Il serviente alla Messa sa con certezza che in ogni celebrazione liturgica è presente e agisce Gesù Cristo stesso. Cristo è presente nelle parole della Sacra Scrittura; è presente nelle parole di catechesi, ma è presente soprattutto nel sacrificio della Messa, sotto le specie eucaristiche del pane e del vino; è presente nel sacerdote stesso che celebra la santa Messa al posto di Gesù Cristo o amministra gli altri sacramenti.
Ne segue che il servizio che, come ministranti, prestate al sacerdote durante la liturgia, lo prestate a Cristo stesso, poiché è Cristo che in terra, attraverso il sacerdote si rende presente e continua la sua azione salvifica tra gli uomini. Questo conferisce al vostro servizio all’altare una particolare dignità, ma comporta altresì una grande responsabilità. Stando vicini al sacerdote, voi state vicini a Cristo. Nel vostro servizio di ministranti diventate e siete in modo del tutto particolare gli amici ed aiutanti dell’opera salvifica di Gesù Cristo, l’eterno e sommo sacerdote.
E come mi rallegrerei se non lo foste solo per alcuni anni. Non potrebbero, alcuni di voi, scegliere questa stretta amicizia con Cristo addirittura come proprio programma di vita, come propria professione, passando dal servizio di ministranti al ministero sacerdotale? Il sacerdote sta totalmente e per sempre al servizio di Cristo, e ne attua l’opera di salvezza tra gli uomini. Ha bisogno anche oggi, con grande urgenza, di uomini che si mettano coraggiosamente e incondizionatamente a sua disposizione. Ascoltate la voce del Signore, se vi chiama alla sua stretta sequela».

b) Avere una buona dimestichezza con la Parola di Dio: «Questa è proprio una componente essenziale della celebrazione liturgica. Leggete e ascoltate quindi attentamente le letture della Santa Messa e approfondite la conoscenza delle Sacre Scritture attraverso una vostra lettura personale. I ministranti dovrebbero conoscere molto bene tutta la Bibbia; sanno e sono certi che Dio parla a ciascuno di loro per mezzo della Sacra Scrittura. Con la catechesi ed il Vangelo preparatevi a compiere con dignità e devozione il vostro servizio durante le celebrazioni».

c) Avere una buona conoscenza della liturgia stessa: «Questi sono i luoghi privilegiati dell’incontro tra Dio e l’uomo. In essi Dio parla sempre al suo popolo che risponde con il canto e la preghiera. Per il ministrante la liturgia è l’espressione solenne della propria fede, ne è la celebrazione».

Ministrante: chi sei?
La parola «ministrante» definisce meglio di «chierichetto» la figura di colui che si mette a servizio del Signore e della comunità che, nella liturgia, loda, adora, ringrazia, supplica.
Non basta essere un buon ragazzo per diventare subito un ministrante. Occorre anzitutto un sincero desiderio di servire il Signore, il sacerdote, l’intera comunità…; è necessaria una vocazione, una chiamata di Dio! Gesù può chiamare un ragazzo, un giovane ad essere ministrante quando va a catechismo, quando prega, quando ascolta la Bibbia, e può chiamarlo attraverso un compagno, il catechista, una suora, un sacerdote, i genitori…
Non si può fare il ministrante per mettersi in mostra, per fare bella figura, per trovare amici…
Al sincero desiderio del cuore si devono aggiungere altre buone qualità: la preghiera, la serietà, il senso del servizio, la puntualità, l’ordine.
Al di sopra di tutto è necessario un grande amore a Gesù, con un forte desiderio di lodarlo come si conviene, e farlo lodare dagli altri.

Perché il ministrante deve prepararsi bene?
a) Perché ha il compito proprio di dare gloria a Dio quando sta all’altare, e poi con tutta la sua vita, in ogni momento.
b) Perché occupa un posto particolare nell’assemblea liturgica: aiuta direttamente il sacerdote a compiere il sacrificio eucaristico, è suo collaboratore «scelto».
c) Perché i fedeli devono essere edificati, non distratti, dal suo comportamento. Il ministrante con il suo esempio guida il popolo a una partecipazione attenta alla liturgia.

PARTE SECONDA: CELEBRARE L’ANNO LITURGICO

Celebrare nella liturgia
Se riflettiamo sulle nostre abitudini e sulla nostra esperienza, ci accorgiamo che, spesso e volentieri, dedichiamo del tempo a ciò che è più importante nella vita. Si tratta di eventi che richiedono di essere espressi in modo tutto particolare, di essere «celebrati».
Perché quel pranzo particolare? Quella torta? Quel brindisi?
Sta avvenendo qualcosa di particolare: è una CELEBRAZIONE. La celebrazione è un’azione comunitaria, da soli non si può celebrare.
Nella liturgia il soggetto celebrante è sempre la Chiesa, anche se essa è una comunità articolata in ministeri, dove tutti sono responsabilmente attivi: c’è chi presiede, chi legge, chi canta…
Il contenuto della celebrazione è Cristo morto e risorto: il mistero pasquale.
La liturgia celebra ed esprime il mistero di Cristo, come salvezza che si realizza oggi nella Chiesa. Questa azione di lode e di salvezza avviene nei gesti, nei segni e nelle preghiera che la Chiesa compie soprattutto nella Messa e nei sacramenti, unita a Cristo Gesù.

L’anno liturgico
Il tempo è per gli uomini scandito da eventi naturali; il succedersi delle stagioni, dei mesi, del giorno e della notte, dal ritmo del lavoro e del riposo… Esiste un anno civile, un anno scolastico… ed esiste per la Chiesa un anno liturgico.
È un periodo di tempo di dodici mesi che inizia verso la fine di novembre o all’inizio di dicembre con la prima domenica di Avvento.
Ogni settimana, nel giorno a cui ha dato il nome di «domenica», la Chiesa fa memoria della Risurrezione del Signore. Nel corso dell’anno, poi, ci fa considerare tutti i misteri della vita di Gesù Salvatore, dalla sua attesa sulla terra sino al ritorno al Padre; ci aiuta a commemorare la nascita al cielo dei vari santi; ci aiuta inoltre a comprendere che il nostro tempo è dono di Dio e che quindi solo a lui dobbiamo rendere grazie durante tutto l’anno.

a. Giorni liturgici
Ogni giorno viene santificato dal popolo di Dio con celebrazioni liturgiche, specialmente con l’Eucaristia. Il primo giorno della settimana, e quindi il più importante, è la DOMENICA (dal latino: «giorno del Signore»).
La domenica è la Pasqua settimanale, perché è il giorno in cui è risorto Gesù, e i fedeli, sin dai tempi degli apostoli, si radunano in assemblea per far memoria del mistero pasquale. Ogni domenica Gesù si fa presente e si dona a noi con il suo corpo e il suo sangue. La domenica è il giorno dell’Eucaristia (= rendimento di grazie), della preghiera comunitaria; il giorno della Chiesa e della famiglia; il giorno della liberazione e della gioia… Non mancare alla cena del Signore! È la festa della tua salvezza!
I giorni della settimana che segnano la domenica si chiamano FERIE o GIORNI FERIALI. La loro celebrazione differisce a seconda dell’importanza propria di ciascuna.
Le celebrazioni, secondo l’importanza che viene loro attribuita, sono denominate e si distinguono tra loro così:

  • SOLENNITÀ (le più grandi sono Natale, Pasqua, Pentecoste),
  • FESTE
  • MEMORIE
  • Memorie facoltative.

b. Tempi liturgici

L’anno liturgico si divide in sei tempi, ciascuno dei quali celebra un mistero-avvenimento
della vita di Gesù.
I tempi dell’anno liturgico sono:

  1. Avvento
    Composto da quattro settimane, è il tempo dell’attesa che celebra la venuta di Gesù: la prima venuta nel Natale (tempo di preparazione al Natale) e la venuta gloriosa alla fine dei tempi.
  2. Natale
    Inizia la sera del 24 dicembre e termina la domenica dopo l’Epifania con la festa del Battesimo di Gesù. È tempo di gioia, perché il Padre ci dona Gesù (ricordiamo la sua nascita) e noi lo accogliamo come Figlio di Dio.
  3. Quaresima
    Dal mercoledì delle Ceneri fino alla domenica delle Palme.
    Periodo di quaranta giorni che precede e prepara la Pasqua sull’esempio dei quaranta giorni di Gesù nel deserto. È tempo di conversione, di penitenza, di preghiera: dobbiamo andare anche noi con Gesù a Gerusalemme per morire con lui e risorgere con lui, facendo morire il peccato e diventando nuove creature, risorte con Cristo.
    Dall’inizio della Quaresima fino alla Veglia Pasquale non si canta l’alleluia.
    Le domeniche di Quaresima sono cinque; la sesta in cui ha inizio la SETTIMANA SANTA, si chiama Domenica delle Palme e della Passione del Signore.
    La settimana Santa è la settimana che precede la Pasqua ed è la più importante dell’anno. In essa seguiamo Gesù dal suo ingresso a Gerusalemme, la domenica delle Palme, fino alla sua morte e sepoltura.
    Nessun ministrante in gamba può mancare alle bellissime celebrazioni di questi giorni.
  • DOMENICA DELLE PALME
    Nella processione delle Palme con i rami d’ulivo ricordiamo il solenne ingresso di Gesù a Gerusalemme, dove si svolsero i fatti della Pasqua. La gente salutava Gesù gridando: «Osanna».
  • GIOVEDÌ SANTO – MESSA CRISMALE
    In cattedrale il Vescovo con tutti i suoi presbiteri invoca lo Spirito Santo sugli oli che serviranno per i sacramenti (il più importante è il Crisma). Inoltre, il Vescovo e i suoi sacerdoti rinnovano le promesse della loro ordinazione.
  1. Triduo Pasquale
    Ha inizio dalla Messa della Cena del Signore, ha il suo vertice nella Veglia Pasquale e
    termina con la Domenica di Pasqua.
  • GIOVEDÌ SANTO – MESSA DELLA CENA DEL SIGNORE
    In questa messa si ricordano l’ultima cena (che è stata la prima Messa), l’istituzione del sacerdozio e il gesto di Gesù di lavare i piedi in segno di amore e di servizio. Dopo la Messa, l’Eucaristia si porta in un tabernacolo con fiori e luci. Si rimane poi in adorazione con Gesù, che in questa notte nell’orto degli Ulivi ha detto: «Non potete farmi un po’ di compagnia?».
    Fino alla Veglia Pasquale in nessuna chiesa si celebra la Messa.
  • VENERDÌ SANTO – PASSIONE DEL SIGNORE
    Nella prima parte della celebrazione si fa solenne lettura della Passione di Gesù. Seguono poi le grandi invocazioni per tutti i bisogni del mondo (Papa, vescovi, pane nella Chiesa, nuovi battezzati, ebrei, credenti in Dio, chi rifiuta Dio, capi dei popoli, sofferenti). Si va poi in processione a baciare (adorare) la croce che ha salvato il mondo. Infine si fa la comunione con il pane consacrato nella Messa della Cena del Signore (Giovedì Santo).
  • SABATO SANTO – VEGLIA PASQUALE
    La Veglia di Pasqua è la più grande festa dell’anno. Si divide in più parti:
    • Liturgia della Luce: fuori della chiesa, dopo la benedizione del fuoco, si accende il cero pasquale (simbolo di Gesù Risorto) e tutti i presenti, dopo avervi acceso la loro candelina, entrano nella chiesa buia; poi si canta l’annuncio che Cristo è risorto.

• Liturgia della Parola: si legge dalla Bibbia il racconto della prima pasqua (= passaggio) quando l’antico popolo di Dio passò dalla schiavitù dell’Egitto alla libertà; il Signore comandò di celebrare la Pasqua mangiando un agnello e il pane senza lievito. Si suonano le campane al Gloria (non venivano suonate dal Giovedì Santo) e si canta l’Alleluia (che come il Gloria non si è cantato per tutto il periodo di Quaresima).

• Liturgia battesimale: si benedice l’acqua per il Battesimo, con cui «passiamo» dalla morte del peccato alla vita di risorti con Gesù; si celebra il Battesimo.

• Liturgia eucaristica: si celebra l’Eucaristia e nei segni del pane e del vino si vive la morte e la risurrezione di Gesù.

  1. Tempo di Pasqua
    Periodo di cinquanta giorni che come un grande e solo giorno va dalla Pasqua alla
    Pentecoste; la Chiesa canta la gioia della Risurrezione, che accoglie per sé e annuncia al mondo con la forza dello Spirito Santo che le è donato.
  2. Tempo ordinario o «durante l’anno»
    Inizia dopo la Battesimo di Gesù e si sospende al mercoledì delle Ceneri; poi riprende dopo
    la Pentecoste e termina la domenica dedicata a Cristo re dell’universo. Periodi in cui la Chiesa si mette in ascolto di Gesù Maestro; tempo dell’ascolto, del lavoro, della santificazione.

c. L’immagine di un seme che diventa albero…
Sai come cresce un seme? Affondato nel solco dove lo ha gettato il contadino, nutrito
dall’acqua e dagli umori della terra, nel misterioso processo della vita, il seme si spacca e si trasforma a poco a poco. Spuntano sottilissime radici da una parte, e dall’altra un esile stelo, improvvisamente, un giorno viene alla luce. Stagione dopo stagione, esso cresce e diventa un albero…
Quest’immagine del seme che diventa albero, Gesù l’ha usata raccontando una parabola molto importante (Mt 13,31-32). Gesù l’ha usata per farci capire il mestero della Chiesa, e del Regno di Dio, che la Chiesa è chiamata ad annunciare…
[Così è anche per l’anno liturgico]: dall’attesa di Gesù, già presente nel progetto del Padre, alla sua venuta, nuovo germoglio, alla sua passione e morte, e infine alla sua Pasqua di risurrezione, albero carico di frutti, segno della Chiesa, nata nel giorno di Pentecoste.

  1. Colori liturgici
    Nei vari periodo dell’anno liturgico i cristiani pregano con sentimenti diversi, che sono espressi dai colori delle vesti liturgiche:
  • BIANCO: si usa nel tempo pasquale e nel tempo natalizio, nelle feste della Madonna e dei santi non martiri. È il colore della gioia, della luce e della vita.
  • ROSSO: si usa nella domenica delle Palme, nel Venerdì santo, nella Pentecoste, nelle feste dei santi martiri. Significa il dono dello Spirito Santo che rende capaci di testimoniare la propria fede anche fino al martirio (indica anche il sangue).
  • VERDE: si usa nel tempo ordinario. Esprime la giovinezza della Chiesa, la ripresa di una vita nuova.
  • VIOLA: si usa in Avvento, in Quaresima, nella liturgia dei defunti. Indica la speranza, l’attesa di incontrare Gesù, lo spirito di penitenza.
  • ORO: si usa in alcune grandi feste e solennità per sottolineare la loro importanza.

PARTE TERZA: ATTEGGIAMENTI, GESTI, E PAROLE NELLA LITURGIA

Quando in uno stadio si segna un goal, tutti i tifosi di quella squadra scattano in piedi ed esplodono in un urlo solo. Un atteggiamento comune (tutti in piedi) e un urlo comune («goal») indicano che tutti hanno lo stesso atteggiamento, la stessa gioia.
Così accade anche nell’assemblea cristiana: le sue parole, i suoi gesti e i suoi atteggiamenti devono esprimere l’identità dei sentimenti che animano tutti.
L’uomo, inoltre, fatto di anima e di corpo, si esprime attraverso parole, gesti, segni. La liturgia si esprime con parole, gesti e segni che indicano e comunicano una realtà interiore. 
Gli atteggiamenti e i gesti manifestano il pensiero, accompagnano e completano la parola. Naturalmente ci vuole conformità tra il gesto e l’atteggiamento interno: perché non sia vuoto, deve essere fatto con fede.
  1. Qualità del ministrante
    Per essere un buon ministrante, degno di servire all’altare del Signore, occorrono buone
    qualità e preparazione.
    Il ministrante è gentile, generoso, ordinato, prega volentieri da solo e in comunità, presta il suo servizio non per farsi vedere ma con gioia e spontaneità, come servizio d’amore a Gesù e alla Chiesa.
    A chi ha ricevuto una missione, un servizio da compiere, è richiesta anzitutto la FEDELTÀ agli impegni assunti e agli orari di servizio. Devi quindi sentirti disponibile non solo quando c’è l’entusiasmo iniziale, non solo quando è facile o comodo, ma con regolarità, tutte le volte che sei richiesto, tutte le volte che tocca a te!
    Ti si chiede allora:
  • PUNTUALITÀ all’orario di servizio e all’incontro, che permette di renderti conto prima di ciò che sei chiamato a fare e di prepararti adeguatamente.
  • FEDELTÀ ai turni di servizio, come sono stati fissati negli incontri di gruppo, anche quando richiedono qualche rinuncia per la coincidenza di altre attività di tuo gradimento, anche quando devi rinunciare… alla partita o alla TV!
  1. Lo stile del ministrante
    Tu sai che le cose fatte per forza non piacciono a nessuno, neanche a chi le compie. Molti
    ragazzi si sono stancati di prestare il loro servizio perché non l’hanno mai fatto con passione. Molti si sono abituati e non lo fanno più con fede e gioia.
    Il ministrante diligente cercherà allora:
  • di prepararsi il meglio possibile;
  • di vivere la sua fede, esprimendola nel suo modo di servire;
  • di essere presente tutte le volte che gli è richiesto;
  • di fare tutto con amore, servendo il Signore col cuore, in collaborazione con gli altri;
  • di mettere in pratica nella vita di tutti i giorni (a casa, a scuola, in oratorio…) ciò che ha celebrato.
  1. L’abito liturgico del ministrante
    Tutte le persone che hanno un compito pubblico da svolgere (il vigile, il cameriere, il capostazione…) portano un abito speciale per farsi riconoscere.
    Come il sacerdote e gli altri ministri indossano un abito speciale per indicare che stanno compiendo un’azione sacra, così il ministrante che serve all’altare indossa un abito speciale: e tutti capiscono che è sull’altare non per caso, ma per un servizio. […]
  2. Atteggiamenti
    Sono molto più importanti di quanto non si creda abitualmente. L’atteggiamento comune del corpo è il segno della comunità e dell’unità dell’assemblea: esprime e favorisce l’intenzione e i sentimenti dell’animo dei partecipanti.
    I principali atteggiamenti sono:
    a) Silenzio: fa parte della celebrazione stessa. I ministranti, durante questi momenti, non solo non parlano, ma neppure si muovono o fanno qualche rumore. Essi, insieme al celebrante e ai fedeli, devono impegnarsi con la loro mente.
    Ma non tutti i silenzi sono uguali. A che cosa devi pensare?
  • durante l’ATTO PENITENZIALE ricorda le mancanze commesse.
  • dopo l’invito alla preghiera: «PREGHIAMO», rivolgi a Gesù nel tuo cuore la preghiera personale, poi il sacerdote parlerà a Dio anche a nome tuo.
  • dopo le LETTURE E L’OMELIA medita ciò che hai ascoltato.
  • dopo la COMUNIONE loda e ringrazio Dio da solo.

b) Stare in piedi: è un atteggiamento di rispetto verso qualcuno cui dobbiamo attenzione; è un segno di gioia e di libertà; durante la proclamazione del vangelo significa la nostra prontezza ad attuare ciò che il Signore vuole da noi.

c) Stare seduti: è l’atteggiamento di chi ascolta qualcuno che parla; è il segno di chi si fa scolaro, di chi vuole imparare. Inoltre è l’atteggiamento di chi riflette, medita e prega silenziosamente.

d) Stare in ginocchio: è l’atteggiamento del peccatore di fronte alla infinita santità di Dio. È un’espressione di umiltà, di penitenza, di adorazione e di intenso raccoglimento nella preghiera individuale. Ogni ministrante appena entrato in chiesa dovrebbe fermarsi qualche momento in ginocchio per salutare il suo amico Gesù nel tabernacolo. Inoltre, si rimane in ginocchio durante la Consacrazione nella Messa.

e) Prostrazione: atteggiamento di preghiera che esprime il senso di adorazione, supplica, pentimento. Si usa nelle ordinazioni sacre e il Venerdì Santo.

f) Processione: in chiesa non è come nelle strade, si cammina alla presenza di Dio. Il nostro camminare in processione è quasi figura del nostro camminare tutti insieme verso la terra promessa che ci attende.

  1. Gesti
    I gesti devono essere compiuti in modo da poter essere visti e compresi; non devono mostrarsi come segni teatrali ma procedere da un vero slancio interiore e da uno sforzo di incontrare il Signore. I principali sono:

a) Segno di croce: è il segno della nostra appartenenza a Cristo, il suo sigillo su di noi, la professione esterna e fiera della nostra fede. Significa professione di fede nelle tre Persone della Santissima Trinità (Padre, Figlio e Spirito Santo). È un efficace ricordo del nostro Battesimo, donatoci con l’invocazione delle tre Persone divine. È un gesto che va fatto bene e lentamente.

b) Segno della croce minore: lo si fa prima della proclamazione del Vangelo. Con questo gesto chiediamo a Dio di guidare con la sua parola i nostri pensieri, le nostre parole e il nostro cuore.

c) Mani giunte: è un gesto antico. Indica devozione, rispetto, sottomissione, dono di sé. Al ministrante si chiede di tenere le mani unite, all’altezza del torace.

d) Genuflessione: è un atto che deve manifestare la tua fede nella presenza reale di Gesù, il tuo rispetto, la tua devozione, il tuo amore. Piega quindi il tuo ginocchio destro fino a terra senza rapidi segni di croce. Si usa quando entri ed esci dalla chiesa, all’inizio e alla fine della Messa.

e) Inchino: forma di saluto come la genuflessione, usato ogni volta che si passa davanti all’altare; quando si entra in chiesa o all’inizio e alla fine della Messa se il tabernacolo è vuoto; quando si passa davanti al celebrante.

f) Mani allargate: indicano lode, tensione verso Dio, gioia ed esultanza. Questo gesto è usato dal sacerdote per le orazioni a nome di tutti (precedute dall’invito: «Preghiamo»), per la preghiera eucaristica e per la recita del Padre nostro.

g) Battersi il petto: si usa all’atto penitenziale per la preghiera del «Confesso». Indica pentimento e umiltà.

h) Imposizione delle mani: indica l’elezione o la designazione di una persona; la trasmissione di un potere; l’invocazione dello Spirito Santo nei sacramenti; l’augurio di benedizione di Dio.

i) Bacio dell’altare: è il bacio della mensa dell’altare. Indica rispetto a Gesù, di cui l’altare è segno.

j) Segno di pace: può essere un abbraccio o una stretta di mano. Esprime l’unità e la riconciliazione tra i fratelli prima di accostarsi alla comunione con l’unico corpo di Cristo.

  1. Parole
    L’assemblea cristiana ha una sola voce che si esprime in varie forme:

a) Acclamazioni: sono brevi formule di consenso, di gioia, di augurio, di saluto con cui l’assemblea dà la sua approvazione… Ecco le più comuni parole
– AMEN. Parola ebraica che significa la nostra piena adesione, il sì più sincero e completo. Lo diciamo dopo le preghiere che il celebrante fa a nome nostro, come per dire: «Sì, è così, d’accordo, approviamo quello che hai detto per noi».
– ALLELUJA. Un’altra parola ebraica che significa: «Lodate Dio con gioia». È un’acclamazione di esultanza, di trionfo, è il grido della gioia pasquale. Per questo non si dice in Quaresima, un tempo di penitenza.
– OSANNA. Ancora una parola ebraica che equivale al nostro «Evviva». È l’acclamazione della domenica delle Palme, che si ripete al «Santo» di ogni Messa.
– RENDIAMO GRAZIE A DIO; GLORIA A TE, O SIGNORE; LODE A TE, O CRISTO. Espressioni di riconoscenza e di gioia che si usano quando Dio ci rivolge la sua Parola nelle letture della Messa.

b) Dialoghi: alternati tra il celebrante e l’assemblea.

  • IL SIGNORE SIA CON VOI \ LA PACE SIA CON VOI – E CON IL TUO SPIRITO. Saluto, augurio tra fratelli.
  • IN ALTO I NOSTRI VUORI – SONO RIVOLTI AL SIGNORE; RENDIAMO GRAZIE AL SIGNORE NOSTRO DIO – È COSA BUONA E GIUSTA. Esprime la nostra pronta adesione all’invito del celebrante di ringraziare Dio.

c) Dossologie: formule di lode e di glorificazione di Dio per le sue meraviglie. Le più usate:

  • GLORIA AL PADRE…
  • GLORIA A DIO NELL’ALTO DEI CIELI…
  • PER CRISTO, CON CRISTO E IN CRISTO…

d) Preghiere litaniche: formule popolari di preghiera e di canto in usa dai tempi più antichi:

  • SIGNORE PIETÀ
  • BENEDETTO NEI SECOLI IL SIGNORE (presentazione dei doni nella Messa)
  • LITANIE DEI SANTI O DELLA MADONNA.

e) Professione di fede: il CREDO della Messa. Condensato della fede e delle verità cristiane che ci è stato consegnato il giorno del nostro Battesimo.

PARTE: I SACRAMENTI

IL SACRAMENTO DEL BATTESIMO

a. Col battesimo incomincia la storia della nostra salvezza
San Giovanni battista, sulle rive del Giordano, predicava la conversione. Il Battesimo che egli amministrava era un rito penitenziale. Anche Gesù va a farsi battezzare ed è proclamato da Dio Padre «Figlio diletto», e su di lui si posa lo Spirito Santo che lo mette solennemente in possesso della missione affidatagli dal Padre.
Il Battesimo di Gesù è il Battesimo della Chiesa. Gesù, prima di salire al cielo, ordinò ai suoi discepoli: «Andate e annunciate il Vangelo a tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,20).
Il giorno del Battesimo è l’inizio di una grande storia, quella della nostra salvezza. I genitori ci donano la vita umana; il Battesimo ci libera dal peccato originale e ci dona la vita divina. Col Battesimo entriamo a far parte della famiglia dei cristiani, la Chiesa.

b. Il rito del Battesimo
Il rito si compone di quattro parti:

  • Accoglienza: il celebrante accoglie i genitori con i bambini e afferma che la comunità è pronta ad accogliere i nuovi membri. Poi esprime la gioia della comunità cristiana segnando il bambino sulla fronte col segno della croce: è segno di appartenenza a Cristo e alla Chiesa. Dopo il sacerdote, i genitori e i padrini ripetono il gesto sulla fronte del bambino.
  • Liturgia della Parola: si leggono i brani della Bibbia che riguardano il sacramento. Seguono omelia, preghiera dei fedeli e invocazione dei santi. Poi il celebrante unge il petto del bambino con l’olio dei catecumeni (indica la forza della fede nella lotta contro il male).
  • Liturgia del sacramento: il celebrante benedice l’acqua, segno di vita, di rinascita a vita nuova. I genitori, il padrino e la madrina pronunciano le Promesse battesimali, impegnandosi a guidare i propri figli sulla via di Gesù. Segue il Battesimo vero e proprio: il sacerdote versa l’acqua sul capo del bambino dicendo: «N., io ti battezzo nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Poi unge la fronte del bambino con l’olio del Crisma (olio usato per l’ordinazione dei sacerdoti: indica la dignità del cristiano e il sacerdozio regale a cui partecipa ogni battezzato). Il bambino riceve la veste bianca per indicare la nuova vita in Cristo vincitore del peccato. Il papà (o il padrino) accende una candela al cero pasquale, che indica il Cristo risorto, impegnandosi a difendere questa fede nel cuore dei propri figli.
  • Riti di conclusione: si recita il Padre nostro. Il celebrante benedice la mamma col bambino, il papà e tutti i presenti.

IL SACRAMENTO DELLA CONFERMAZIONE O CRESIMA

a. Il giorno di Pentecoste nasce il nuovo popolo di Dio: la Chiesa
Nel giorno di Pentecoste lo Spirito Santo scese su Maria e sugli Apostoli raccolti nel Cenacolo (At 2,1-6). In quel giorno per la forza dello Spirito Santo:

  • Pietro testimonia davanti a tutti la notizia che Gesù è risorto
  • Gli apostoli comprendono che Gesù è venuto a rivelare agli uomini in modo completo e definitivo il grande progetto di Dio: riunire attorno a Gesù tutti gli uomini dispersi e divisi, perché formino una sola famiglia.
  • tutti coloro che credono alla testimonianza di Pietro e ricevono il Battesimo costituiscono il nuovo popolo di Dio: la Chiesa.

b. Nella Confermazione lo Spirito Santo scende su di me e mi consacra testimone di Gesù Cristo: è la mia Pentecoste
Nel Battesimo, lo Spirito Santo ci ha segnati col sigillo spirituale dei cristiani. Ora lo stesso Spirito ci chiama a celebrare il Sacramento della Confermazione perché facciamo un’esperienza nuova dei suoi doni.
Come in una rinnovata Pentecoste egli viene su di noi, quale dono definitivo, perché viviamo da responsabili nella Chiesa e abbiamo la forza di compiere la scelta di Gesù.
Nel Sacramento della Confermazione lo Spirito Santo scende su di me:

  • perché io cresca e raggiunga la maturità della mia vita di cristiano;
  • perché io abbia convinzione e coraggio nel mio agire da cristiano nel mondo;
  • perché io diventi capace di collaborare in modo responsabile nella mia comunità cristiana.

c. Il rito della Confermazione
Il ministro ordinario della Confermazione è il Vescovo, perché è il successore degli Apostoli, i quali trasmisero lo Spirito Santo ai primi fedeli. In caso di necessità il Vescovo può incaricare un sacerdote.
Ecco come si svolge il rito:

  • Rinnovazione delle promesse battesimali: gli impegni presi dai genitori e dai padrini durante il Battesimo sono oggi assunti con responsabilità dal cresimando. È un atto di fede libero e personale, con la coscienza di cui si è capaci. Lo si compie davanti a Dio e alla comunità.
  • Imposizione delle mani: il Vescovo impone le mani e invoca lo Spirito Santo. Questo segno indica il dono che viene dall’alto, lo Spirito di Dio, attraverso la mediazione della Chiesa…
  • Crismazione: il Vescovo traccia il segno della croce sulla fronte del cresimando. È il segno dell’amore di Dio per l’uomo. Egli infatti ha amato tutti gli uomini fino al sacrificio completo di sé sulla croce; ora anche il neo-cresimato è chiamato a testimoniare questo grande amore di Dio. Traccia tale segno con il «Crisma», olio profumato: il neo cresimato è benedetto e consacrato, il Signore lo guida e lo accompagna nel cammino della vita per sempre.
    V. N., ricevi il sigillo dello Spirito Santo che ti è dato in dono.
    C. Amen.
  • Il neo-cresimato riceve l’augurio di pace che Cristo risorto aveva dato agli apostoli la sera di Pasqua:
    V. La Pace sia con te.
    C. E con il tuo spirito.

Con la Confermazione siamo diventati testimoni di Cristo: testimoniare Cristo è difendere e diffondere la sua fede con le parola e con la vita come gli apostoli hanno fatto fino al dono completo di sé.
Con il Vescovo e i fratelli, i cresimati celebrano nell’Eucaristia l’amore di Cristo che ama fino a dare la vita per gli amici e nella Comunione si uniscono a lui per vivere con lui.

IL SACRAMENTO DELL’EUCARISTIA O DEL CORPO E DEL SANGUE DI CRISTO

a. È domenica. Gesù ti chiama a far festa con lui
«Non c’è amore più grande che dare la vita per i propri amici». Queste parole sono tra le ultime dette da Gesù nel congedarsi dai suoi, dopo la cena pasquale. Siamo di fronte al mistero del Figlio di Dio che sta per essere ingiustamente condannato a morte. Gesù patisce la morte per rimanere totalmente fedele alla missione che Dio gli ha affidato, manifestando così il suo infinito amore per gli uomini. Il suo sacrificio, accolto dal Padre, diventa vita e salvezza per tutta l’umanità.
Il momento culminante di questo patto è stato l’ultima Cena, consumata da Gesù con i propri discepoli il giorno prima di morire.
Gli apostoli dopo la morte di Gesù furono fedeli al suo precetto di rinnovare il banchetto eucaristico, affinché egli fosse continuamente presente nella sua Chiesa («Fate questo in memoria di me»).
Perché la domenica sia davvero festa non può passare senza che si celebri l’Eucaristia.
Ci sono cento motivi umani, importanti e veri, che fanno riunire gli uomini nelle feste. Anche voi ragazzi sentite il bisogno di ritrovarvi e di divertirvi con i vostri amici. Ma, se riflettiamo bene, c’è un motivo più profondo e più vero per far festa: è il riconoscere, riuniti tutti insieme, che la vita ha un senso perché Dio è padre di tutti, e Cristo è venuto a salvarci. È il riconoscere che nel cammino della storia, nonostante i momenti drammatici e dolorosi, il Signore ci è accanto per indicarsi la strada e darci coraggio. Per questo il raduno dei cristiani nell’Eucaristia non può che esprimere gioia e riconoscenza.

b. La Santa Messa
La Messa è il «memoriale della Pasqua del Signore». Con queste parole si intendono: l’ultima Cena, la morte e la risurrezione di Gesù.
Memoriale non significa solo ricordo, commemorazione e neppure rappresentazione, ma significa che nella Messa, per la potenza di Dio, è resa veramente presente oggi la Pasqua di Gesù.
La Messa è un invito a far festa. Incontri molte persone che ti vogliono bene; ti attende specialmente il grande amico Gesù.
Il Corpo che mangiamo e il Sangue che beviamo non sono semplicemente un ricordo, ma una unione reale con Gesù risorto, che è vivo e ci attira a sé. Quando mangiamo e beviamo il corpo e il sangue di Cristo, entra in noi un seme di vita che non sarà vinto dalla morte, ma ci renderà vincitori orientando il nostro corpo alla risurrezione con Gesù.

c. La struttura della Messa
Durante il rito della Messa non tutti hanno lo stesso compito, ma ognuno è chiamato a svolgere bene la sua propria parte.
L’assemblea della Messa è strutturata così:

  • il popolo: l’assemblea celebrante non è una massa di spettatori muti o un insieme di persone impegnate a pregare ciascuna per conto suo. Anche il popolo ha la sua parte nei dialoghi, nelle acclamazioni, nelle posizioni che assume e nei gesti che compie.
  • il celebrante: è il sacerdote presidente dell’assemblea, e rappresenta Cristo stesso. È l’intermediario tra Dio e il suo popolo; parla ai fedeli in nome di Dio e si rivolge a Dio a nome dei fedeli.
  • il diacono: assiste il celebrante, proclama il vangelo, prepara ciò che è necessario per la Messa, distribuisce ai fedeli il Corpo e il Sangue di Cristo.
  • i lettori: hanno il compito di annunciare la Parola di Dio, escluso il Vangelo.
  • i ministranti: assistono e aiutano i ministri, prestando i servizi necessari secondo la solennità delle funzioni. Devono essere di esempio a tutta la comunità.
  • i cantori: conferiscono solennità e decoro alle funzioni liturgiche, nelle quali il canto ha un’importanza fondamentale. Il loro compito è di aiutare il popolo riunito a cantare, e non quello di esibire se stessi: il canto è preghiera.
  • il commentatore: guida i movimenti e le preghiere dei fedeli con brevi interventi che illustrano il senso delle letture e delle varie parti della Messa.

d. Il rito della Messa
Comprende quattro momenti principale:

  • Riti di introduzione
    Lo scopo di questi riti è di fare in modo che i fedeli, radunandosi insieme, formino comunità e si dispongano ad ascoltare convenientemente la Parola di Dio e a celebrare degnamente l’Eucaristia.
  • Liturgia della Parola
    È la proclamazione della Parola di Dio: in questo momento Dio stesso attraverso la Chiesa fa sentire anche oggi la sua parola viva alla famiglia dei fedeli. La Parola di Dio proclamata nella Messa è contenuta principalmente nella Bibbia, che conserva tutto quello che Dio ha rivelato all’umanità per mezzo dei Profeti e degli Scrittori sacri (Antico Testamento) e per mezzo di Gesù e degli apostoli (Nuovo Testamento).
  • Liturgia Eucaristica
    Nella liturgia Eucaristica, il sacerdote, che rappresenta Cristo Signore, compie ciò che il Signore stesso fece nell’ultima cena e affidò ai discepoli perché lo facessero in memoria di lui. È formata da tre momenti particolari: la presentazione dei doni, la preghiera eucaristica e la comunione.
  • Riti di conclusione
    Comprende il saluto e la benedizione. La famiglia di Dio si separa: ognuno ritorna alla propria casa e alle proprie occupazioni. Ma per tutti rimane l’impegno di conservare nella vita quotidiana ciò che hanno ricevuto nella celebrazione dell’Eucaristia con la fede e il sacramento, e di animare il mondo con lo spirito cristiano, facendosi testimoni di Cristo in mezzo ai propri fratelli.

IL SACRAMENTO DELLA RICONCILIAZIONE O PENITENZA O CONFESSIONE

a. L’amore di Dio, il peccato dell’uomo
Dio è amore, ci ha amati fino al dono della sua vita per noi. Egli ci ha dato per mezzo di Gesù
un comando: «Amateci gli uni gli altri» (Gv 15,12). Dobbiamo amare Dio e i fratelli del mondo, ma spesso non lo facciamo, perché siamo deboli, egoisti… Ecco il peccato!
La nostra amicizia con Gesù non procede sempre nel modo migliore. Talvolta la sua parola è da noi disattesa, i suoi suggerimenti non vengono ascoltati, i suoi consigli non vengono seguiti. Preferiamo invece accontentare le nostre inclinazioni meno buone, i nostri capricci, i nostri interessi. Non siamo sempre fedeli alla Parola di Dio. Il peccato è dunque non amare. Il peccato distrugge l’amore tra noi e Dio, tra noi e i fratelli.
Quando ci accorgiamo che abbiamo peccato, il Signore ci concede la grazia di pentirci: per questo Gesù ha istituito il sacramento della Riconciliazione.

b. Il sacerdote ci dona il perdono di Dio
Gesù affidò ai suoi apostoli il potere di perdonare i peccati quanto, appena risorto, disse
loro: «A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi non li rimetterete non saranno rimessi» (Gv 20,23).
Il sacerdote perdona dunque i peccati a nome di Dio! Ma il sacramento della Penitenza, per essere vero, deve divenire un sincero cammino di conversione. Lo Spirito Santo illumina la coscienza per capire il nostro peccato e condurci al pentimento, al proposito di una vita più buona, come veri figli di Dio.
Un bravo ministrante [e cristiano] è contento di poter accostarsi con frequenza a questo sacramento in cui incontra l’amico Gesù che gli regala il suo perdono.

c. Il rito della Riconciliazione individuale
Quando si celebra il sacramento della Riconciliazione è bene leggere un brano della Parola
di Dio che guidi il nostro esame di coscienza.
Accostarsi al sacerdote per dire i nostri peccati esprime il nostro pentimento sincero e il desiderio di accogliere con fede il perdono di Dio manifestato dal ministro della Chiesa…
Dopo la confessione ringrazia il Signore per il dono del suo perdono. Rifletti sulle parole del sacerdote e adempi la penitenza che ti è stata data. Forse, prima di tornare a casa, devi scusarti con qualcuno e riparare un danno fatto!

L’UNZIONE DEGLI INFERMI
Gesù manifestò anche tanto amore per le persone malate: ne guarì moltissime. Il momento della sofferenza è uno dei più delicati e difficili della nostra vita. Cristo soffrì indicibili dolori per la salvezza degli uomini. È con Cristo e per Cristo che i cristiani accettano la prova del dolore.
Come santifica altri momenti della nostra vita, così Cristo non ci abbandona nel momento particolare del dolore, anzi si accosta a noi e ci soccorre. Ha istituito per questo un sacramento.
L’unzione degli infermi è il sacramento che esprime l’amore di Gesù e il nostro amore verso i fratelli infermi ed è il sacramento che aiuta a vivere il momento della malattia.

IL SACRAMENTO DELL’ORDINE SACRO O DEL SERVIZIO SACERDOTALE

a. Un dono che si chiama vocazione
La parola «vocazione» deriva dal latino e significa «chiamata». È Dio che chiama ciascuno,
amorosamente, e lo fornisce di molti talenti da far fruttificare.
La vocazione comune a tutti, a cui tutti siamo chiamati è quella di essere santi: siamo tutti chiamati alla vita, alla fede, alla santità, alla felicità.
Il Signore chiama tutti alla santità ma non tutti allo stesso modo. Una chiamata particolare è la vocazione al MINISTERO ORDINATO, conferito dal sacramento dell’Ordine sacro: episcopato, presbiterato, diaconato (vescovi, preti e diaconi).
Come un giorno chiamò a sé i suoi apostoli, perché stessero con lui e perché andassero a predicare nel suo nome, Gesù continua a chiamare ancora oggi «operati per la sua messe». Egli continua a scegliere: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi» (Gv 15,16).
Conosci di sicuro i preti della tua comunità: li incontri a scuola, tra gli ammalati, nelle famiglie, tra i ragazzi, i giovani, gli anziani, li ascolti quando vai a Messa o al catechismo.
Perché hanno scelto di diventare preti?
Chi è il prete? A cosa serve?
Il sacerdote consacra a Dio e ai suoi fratelli la sua vita, e con la sua vita e la sua parola annunzia il Vangelo e porta tra gli uomini la salvezza; soprattutto, il prete offre alla sua comunità il servizio di celebrare l’Eucaristia e gli altri sacramenti, perché la Chiesa possa crescere nella fede e nell’amore.
Ti è mai capitato di pensare di farti prete?
La chiamata del Signore è un grosso dono, un grande regalo.
Come fa un ragazzo a scoprire la sua vocazione, a riconoscere qual è il progetto del Signore sulla sua vita?
– Anzitutto è necessario mettersi umilmente in preghiera con cuore aperto: pregare è donarsi al Signore perché ci riempia della sua vita, della sua luce, del suo amore; la preghiera ci apre a Dio e Dio ci apre agli altri.
– In secondo luogo è necessario guardarsi attorno, guardare alle necessità della Chiesa, della società di oggi, dei ragazzi e dei giovani della tua età: c’è sempre bisogno di Gesù perché la nostra vita acquisti un vero significato, ed è sempre necessario qualcuno che lo annunci, che spieghi la sua Parola e celebri i sacramenti, mezzi della nostra salvezza.
Resta vicino a Gesù, che aiuta ciascuno a dire generosamente il proprio «sì», come Maria, generosamente per la gloria di Dio e per il bene dei fratelli.

b. Il rito dell’Ordinazione presbiterale
Nel giorno dell’ordinazione presbiterale il Vescovo raduna la comunità diocesana, sacerdoti
e fedeli, per celebrare insieme il sacramento dell’Ordine sacro.
Il rito dell’Ordinazione inizia dopo il Vangelo e si svolge così:
– Presentazione ed elezione: gli ordinandi vengono chiamati per nome dal Rettore del Seminario, che ha curato la loro formazione, e vengono dichiarati idonei al servizio ministeriale; il Rettore del Seminario chiede dunque al Vescovo, a nome della Chiesa che scelga gli ordinandi presenti come pastori del popolo di Dio.
– Omelia: il Vescovo tiene l’omelia
– Interrogazione e promessa d’obbedienza: al termine dell’omelia, gli ordinandi sono invitati dal vescovo a esprimere davanti alla comunità riunita la loro ferma e libera volontà di collaborare con lui nel ministero sacerdotale. Ciascuno degli ordinandi si avvicina al Vescovo, si inginocchia davanti a lui, pone le proprie mani congiunge in quelle del Vescovo e promette a lui e ai suoi successori riverenza e obbedienza.
– Litanie dei Santi: il Vescovo e la comunità si inginocchiano e gli ordinandi si prostrano a terra: si supplica il Padre, per l’intercessione di tutti i Santi, affinché ricolmi gli eletti dei doni del suo Spirito.
– Imposizione delle mani e preghiera di ordinazione: il Vescovo e i sacerdoti presenti impongono le mani sul capo di ciascun candidato al sacerdozio e invocano lo Spirito Santo.

Altri segni e gesti

  • I neo-consacrati vengono rivestiti del loro abito sacerdotale.
  • Il Vescovo unge le mani dei novelli preti con il Sacro Crisma: questa unzione sottolinea ciò che lo Spirito ha già operato negli ordinati.
  • il Vescovo mette nelle mani di ciascun ordinato la patena con il pane e il calice con il vino per la celebrazione della Messa.
  • Il Vescovo e tutti i sacerdoti presenti accolgono i nuovi sacerdoti con l’abbraccio di pace.

IL SACRAMENTO DEL MATRIMONIO O DELLA COMUNITÀ FAMILIARE

a. Il Matrimonio come vocazione alla comunità familiare
L’amore conduce un uomo e una donna al desiderio di unirsi per tutta la vita e formare una
nuova famiglia, chiesa domestica e comunità familiare.
La via del Matrimonio richiede una lunga preparazione: non tutti sono chiamati dal Signore nel Matrimonio per vivere il loro Battesimo. È una vocazione.
Chi sceglie questa via accetta una precisa missione: vivere l’amore reciproco come immagine dell’amore di Cristo per la sua Chiesa.
Il Matrimonio implica da parte degli sposi una scelta di vita secondo gli insegnamenti di Gesù. La famiglia diventa così una piccola chiesa-comunità d’amore tra gli sposi, tra i figli, tra i figli e i genitori.
I figli devono trovare nei genitori le guide che amorevolmente li aiutano a crescere e a maturare; i genitori devono trovare nei figli molta attenzione e docilità ai loro insegnamenti, per realizzare insieme un’autentica fraternità in Cristo.

b. Il rito del Matrimonio
Si svolge dopo l’omelia secondo i seguenti momenti:
– Domande: il sacerdote si rivolge agli sposi e chiede di esprimere davanti alla Chiesa la loro intenzione di contrarre il sacramento del Matrimonio.
– Consenso: il sacerdote invita gli sposi a esprimere il loro consenso; ricevuto il consenso, prega il Signore di volerlo confermare e di ricolmare gli sposi della sua benedizione.
– Benedizione e consegna degli anelli: il sacerdote benedice gli anelli «segno di amore e di fedeltà».

DIZIONARIETTO DEL MINISTRANTE

  1. Vesti sacre dei ministri
    Camice
    Casula
    Cingolo
    Cotta
    Dalmatica
    Mitria
    Pallio
    Pastorale
    Piviale
    Stola
    Velo omerale
  2. Oggetti liturgici
    Ampolline
    Aspersorio
    Brocca
    Calice
    Campanello
    Candele
    Candelieri
    Corporale
    Croce
    Incenso
    Lezionario
    Manutergio
    Messale
    Navicella
    Ostensorio
    Palla
    Patena
    Pisside
    Purificatoio
    Secchiello
    Turibolo
  3. Luogo della celebrazione
    Altare
    Ambone
    Battistero
    Cero pasquale
    Confessionale
    Fonte battesimale
    Lampada eucaristica
    Leggio
    Navata
    Presbiterio
    Sacrestia
    Sede
    Tabernacolo