Liturgia delle Ore

Immagine di esempio
Madonna in atteggiamento orante

Introuzione alla Liturgia delle Ore

(https://www.maranatha.it/LiturOre/noteore2.htm)

La “Liturgia delle Ore” è la preghiera ufficiale della Chiesa Cattolica, per la quale essa è partecipazione sacramentale alla preghiera personale di Gesù Cristo: Egli continua, incessantemente, quale supremo e perfetto Sacerdote, a pregare e lodare il Padre nella preghiera della Chiesa. Il contenuto della Liturgia delle Ore è basato soprattutto sui salmi e sulla lettura della Parola di Dio: Antico e Nuovo Testamento, Lettere cattoliche e altri scritti.

Tutte le ore (cfr. Ufficio delle Letture, Lodi mattutine, Ora Media – che si divide in Terza, Sesta e Nona – e Vespri, tranne la Compieta) sono basate sul salterio, che è uno schema di quattro settimane che raccoglie i 150 Salmi presenti nell’Antico Testamento, in maniera tale che nel corso del mese si possano recitare tutti (o quasi)

La Liturgia delle Ore si basa sull’anno liturgico cattolico, che è il ciclo temporale in cui la Chiesa Cattolica celebra nel corso di un anno la storia della salvezza, dalla nascita di nostro Signore Gesù Cristo, continuando con la sua morte e resurrezione fino al dono dello Spirito Santo nel giorno di Pentecoste. Il tutto si sviluppa nell’arco di un anno.

Teologia (dalla Costituzione Laudis canticum di Paolo VI)

Il canto di lode, che risuona eternamente nelle sedi celesti, e che Gesù Cristo Sommo Sacerdote introdusse in questa terra di esilio, la Chiesa lo ha conservato con costanza e fedeltà nel corso di tanti secoli e lo ha arricchito di una mirabile varietà di forme.  
 

La Liturgia delle Ore, infatti, si è sviluppata a poco a poco in modo da divenire la preghiera della Chiesa locale. Essa si svolgeva in tempi e luoghi stabiliti, sotto la presidenza del sacerdote. Era come una indispensabile integrazione di ciò che costituisce la sintesi di tutto il culto divino, cioè del sacrificio eucaristico, la cui straordinaria ricchezza faceva rifluire ed estendeva ad ogni ora della vita umana.  

[…]

L’Ufficio è stato disposto e ordinato in modo tale che essendo preghiera di tutto il popolo di Dio, possano prendervi parte non solo i chierici, ma anche i religiosi, anzi gli stessi laici. L’introduzione di svariate forme di celebrazione rende ora la Liturgia delle Ore adattabile a persone di cultura a livelli diversi, dando la possibilità ad ognuno di adeguarla alla propria condizione e vocazione.

Ma poiché la Liturgia delle Ore è santificazione della giornata, l’ordinamento dell’orazione è stato riveduto in modo che le Ore canoniche possano più facilmente corrispondere alle varie ore del giorno, tenuto conto delle condizioni in cui si svolge la vita degli uomini del nostro tempo.

Perché poi nella celebrazione dell’Ufficio la mente meglio si accordi con la voce e la Liturgia delle Ore diventi veramente «fonte di pietà e nutrimento della preghiera personale», nel nuovo Libro delle Ore l’obbligo giornaliero è alquanto ridotto, ma la varietà dei testi è stata notevolmente aumentata; vi si offrono molti sussidi per la meditazione dei salmi, quali sono i titoli, le antifone, le orazioni salmiche, e vengono proposti momenti di silenzio da osservarsi secondo l’opportunità

Il tesoro della parola di Dio si effonde più copioso nel nuovo ciclo delle letture tratte dalla Sacra Scrittura disposto in modo da concordare con quello delle letture della Messa. Le pericopi presentano in generale una certa unità di contenuto e sono state scelte in modo da riproporre nel corso dell’anno le fasi più importanti della storia della salvezza

[…]

La preghiera cristiana è anzitutto implorazione di tutta la famiglia umana, che Cristo associa a se stesso, nel senso che ognuno partecipa a questa preghiera, che è propria dell’intero corpo. Questa perciò esprime la voce della diletta Sposa di Cristo, i desideri e i voti di tutto il popolo cristiano, le suppliche e le implorazioni per le necessità di tutti gli uomini.


Ma questa preghiera riceve la sua unità dal cuore di Cristo. Il nostro Redentore ha voluto infatti «che quella vita che aveva iniziato con le sue preghiere e col suo sacrificio, durante la sua esistenza terrena non venisse interrotta per il volgere dei secoli nel suo Corpo mistico, che è la Chiesa». Avviene, perciò, che la preghiera della Chiesa è insieme «la preghiera che Cristo con il suo Corpo rivolge al Padre». Mentre dunque recitiamo l’Ufficio, dobbiamo riconoscere l’eco delle nostre voci in quelle di Cristo e quelle di Cristo in noi.


Perché questa caratteristica della nostra preghiera risplenda più chiaramente, è indispensabile che «quella soave e viva conoscenza della Sacra Scrittura» che emana dalla Liturgia delle Ore, rifiorisca in tutti, in modo che la Sacra Scrittura diventi realmente la fonte principale di tutta la preghiera cristiana.


Soprattutto la preghiera dei salmi, che senza interruzione accompagna e proclama l’azione di Dio nella storia della salvezza, deve essere compresa con rinnovato amore dal popolo di Dio. Perché sia raggiunto più facilmente questo scopo è necessario che il significato inteso dalla Chiesa quando canta i salmi nella liturgia, sia studiato più assiduamente dal clero e sia comunicato anche ai fedeli mediante opportuna catechesi. Questa più estesa lettura della Sacra Bibbia, non solo nella Messa ma anche nella nuova Liturgia delle Ore, farà sì che venga continuamente ricordata la storia della salvezza e annunziata con grande efficacia la sua continuazione nella vita degli uomini.

[…]

L’intera vita dei fedeli, infatti, attraverso le singole ore del giorno e della notte, è quasi una leitourgia, mediante la quale essi si dedicano in servizio di amore a Dio e agli uomini, aderendo all’azione di Cristo che con la sua dimora tra noi e con l’offerta di se stesso, ha santificato la vita di tutti gli uomini. Questa sublime verità del tutto inerente alla vita cristiana, la Liturgia delle Ore la esprime con evidenza e la conferma in maniera efficace. È per questa ragione che le preghiere delle Ore vengono proposte a tutti i fedeli, anche a coloro che non sono tenuti per legge a recitarle.

I. Preghiera di Cristo

Cristo prega il Padre

3. Venendo per rendere gli uomini partecipi della vita di Dio, il Verbo, che procede dal Padre come splendore della sua gloria, «il Sommo Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Cristo Gesù, prendendo la natura umana, introdusse in questa terra d’esilio quell’inno che viene cantato da tutta l’eternità nelle sedi celesti».

Da allora, nel cuore di Cristo, la lode di Dio risuona con parole umane di adorazione, propiziazione e intercessione. Tutte queste preghiere, il Capo della nuova umanità e Mediatore tra Dio e gli uomini, le presenta al Padre a nome e per il bene di tutti.

4. Lo stesso Figlio di Dio, «che con il Padre suo è una cosa sola» (cf Gv 10, 30), e che entrando nel mondo disse: «Ecco, o Dio, io vengo a fare la tua volontà» (Eb 10, 9; cf Gv 6, 38), ha voluto anche lasciarci testimonianza della sua preghiera. Spessissimo, infatti, i Vangeli ce lo presentano in preghiera: quando viene rivelata dal Padre la sua missione, antecedentemente alla chiamata degli apostoli, quando rende grazie a Dio nella moltiplicazione dei pani, nella trasfigurazione sul monte, quando risana il sordomuto e risuscita Lazzaro prima di provocare la confessione di Pietro, quando insegna

La sua attività quotidiana era strettamente congiunta con la preghiera, anzi quasi derivava da essa. Così quando si ritirava nel deserto o sul monte a pregare, alzandosi al mattino presto, o quando, dalla sera alla quarta veglia, passava la nottata intera in orazione a Dio. Egli, come giustamente si pensa, partecipò anche alle preghiere pubbliche, quali erano quelle che si facevano nelle sinagoghe dove entrò nel giorno di sabato «secondo il suo solito», e nel tempio che chiamò casa di preghiera. Non tralasciò quelle private, che si recitavano abitualmente ogni giorno dai pii israeliti.

Pronunziava anche le tradizionali preghiere di benedizione a Dio, proprie delle riunioni conviviali, come è espressamente riferito in relazione con la moltiplicazione dei pani e poi nella sua ultima Cena, nel castello di Emmaus, ugualmente quando con i suoi discepoli recitò l’inno nel cenacolo. Fino al termine della sua vita, avvicinandosi già la Passione, nell’ultima Cena, nell’agonia e sulla croce, il Maestro divino  dimostrò che la preghiera animava il suo ministero messianico e il suo esodo pasquale. Egli, infatti, «nei giorni della sua vita terrena offrì preghiere e suppliche con forti grida e lacrime a colui che poteva liberarlo da morte e fu esaudito per la sua pietà» (Eb 5, 7) e, compiuta l’oblazione di sé sull’ara della croce, rese «perfetti per sempre quelli che vengono santificati» (Eb 10, 14); infine, risuscitato da morte, vive per sempre e prega per noi.

II. Preghiera della Chiesa

Il precetto della preghiera

5. Gesù ha ordinato anche a noi di fare ciò che egli stesso fece. «Pregate», disse spesso, «domandate», «chiedete», «nel mio nome»; insegnò anche la maniera di pregare nell’orazione che si chiama domenicale e dichiarò necessaria la preghiera, e precisamente quella umile, vigilante, perseverante, fiduciosa nella bontà del Padre, pura nell’intenzione e rispondente alla natura di Dio. A loro volta gli apostoli, che qua e là nelle lettere ci tramandano preghiere, specialmente di lode e di rendimento di grazie, ci raccomandano anch’essi la perseveranza e l’assiduitadella preghiera nello Spirito Santo, rivolta a Dio, per mezzo di Cristo. Ci parlano della sua grande efficacia per la santificazione e non mancano di ricordare la preghiera di lode, di ringraziamento, di domanda e di intercessione per tutti.

La Chiesa continua la preghiera di Cristo

6. Poiché l’uomo viene interamente da Dio, deve riconoscere e professare questa sovranità del suo Creatore. È quanto gli uomini di sentimenti religiosi, vissuti in ogni tempo, hanno effettivamente fatto con la preghiera. La preghiera diretta a Dio però deve essere connessa con Cristo, Signore di tutti gli uomini, unico Mediatore, e il solo per il quale abbiamo accesso a Dio. Cristo, infatti, unisce a sé tutta l’umanità, in modo tale da stabilire un rapporto intimo tra la sua preghiera e la preghiera di tutto il genere umano. In Cristo, appunto, e in lui solo, la religione umana consegue il suo valore salvifico e il suo fine.

7. Tuttavia un vincolo speciale e strettissimo intercorre tra Cristo e quegli uomini che egli per mezzo del sacramento della rigenerazione unisce a sé come membra del suo Corpo, che è la Chiesa. Così effettivamente dal Capo si diffondono all’intero Corpo tutti i beni che sono del Figlio: cioè la comunicazione dello Spirito, la verità, la vita e la partecipazione alla sua filiazione divina, che si manifestava in ogni sua preghiera quando dimorava presso di noi. Anche il sacerdozio di Cristo è condiviso da tutto il Corpo della Chiesa, così che i battezzati mediante la rigenerazione e l’unzione dello Spirito Santo vengono consacrati in edificio spirituale e sacerdozio santo e sono abilitati a esercitare il culto del Nuovo Testamento, culto che non deriva dalle nostre forze, ma dal merito e dal dono di Cristo. «Nessun dono maggiore Dio potrebbe fare agli uomini che costituire loro capo il suo Verbo, per mezzo del quale ha creato tutte le cose, e a lui unirli come membra, così che egli fosse Figlio di Dio e Figlio dell’uomo, un solo Dio con il Padre, un solo uomo con gli uomini. Così, quando pregando parliamo con Dio, non per questo separiamo il Figlio dal Padre e quando il Corpo del Figlio prega non separa da sé il proprio Capo, ma è lui stesso unico salvatore del suo Corpo, il Signore nostro Gesù Cristo Figlio di Dio, che prega per noi, prega in noi ed è pregato da noi. Prega per noi come nostro sacerdote, prega in noi come nostro Capo, è pregato da noi come nostro Dio. Riconosciamo dunque in lui le nostre voci e le sue voci in noi».

In questo dunque sta la dignità della preghiera cristiana, che essa partecipa dell’amore del Figlio Unigenito per il Padre e di quell’orazione, che egli durante la sua vita terrena ha espresso con le sue parole e che ora, a nome e per la salvezza di tutto il genere umano, continua incessantemente in tutta la Chiesa e in tutti i suoi membri.

L’azione dello Spirito Santo

8. L’unità della Chiesa orante è opera dello Spirito Santo, che è lo stesso in Cristo, in tutta la Chiesa e nei singoli battezzati. Lo stesso «Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza» e «intercede con insistenza per noi, con gemiti inesprimibili» (Rm 8, 26); egli stesso, in quanto Spirito del Figlio, infonde in noi «lo spirito da figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: Abbà, Padre!» (Rm 8, 15; cf Gal 4, 6; 1Cor 12, 3; Ef 5, 18; Gd 20). Non vi può essere dunque nessuna preghiera cristiana senza l’azione dello Spirito Santo, che unificando tutta la Chiesa, per mezzo del Figlio la conduce al Padre.

Carattere comunitario della preghiera

9. L’esempio e il comando del Signore e degli apostoli di pregare sempre e assiduamente non si devono considerare come una norma puramente giuridica, ma appartengono all’intima essenza della Chiesa medesima, che è comunità e deve quindi manifestare il suo carattere comunitario anche nella preghiera. Per questo negli Atti degli Apostoli, quando per la prima volta si fa parola della comunità dei fedeli, questa appare riunita in preghiera «con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui» (At 1, 14). «La moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un’anima sola» (At 4, 32): questa unanimità si fondava sulla parola di Dio, sulla comunione fraterna, sulla preghiera e sulla Eucaristia.

Sebbene la preghiera fatta nella propria stanza e a porte chiuse sia sempre necessaria e da raccomandarsi, e venga anch’essa compiuta dai membri della Chiesa per Cristo nello Spirito Santo, tuttavia all’orazione della comunità compete una dignità speciale, perché Cristo stesso ha detto: «dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18, 20).

III. La Liturgia delle Ore

Consacrazione del tempo

10.Cristo ha comandato: «Bisogna pregare sempre senza stancarsi» (Lc 18, 1). Perciò la Chiesa, obbedendo fedelmente a questo comando, non cessa mai d’innalzare preghiere e ci esorta con queste parole: «Per mezzo di lui (Gesù) offriamo continuamente un sacrificio di lode a Dio» (Eb 13, 15). A questo precetto la Chiesa ottempera non soltanto celebrando l’Eucaristia, ma anche in altri modi, e specialmente con la Liturgia delle Ore, la quale, tra le altre azioni liturgiche, ha come sua caratteristica per antica tradizione cristiana di santificare tutto il corso del giorno e della notte.

11.Poiché, dunque, la santificazione del giorno e di tutta l’attività umana rientra nelle finalità della Liturgia delle Ore, il suo ordinamento è stato rinnovato in modo da far corrispondere, per quanto era possibile, la celebrazione delle Ore al loro vero tempo, sempre tenendo conto, però, delle condizioni della vita odierna. Perciò «sia per santificare veramente il giorno sia per recitare con frutto spirituale le stesse Ore, conviene che nella recita delle Ore si osservi il tempo, che corrisponde più da vicino al tempo vero di ciascuna Ora canonica».

Rapporto tra Liturgia delle Ore ed Eucaristia

12.La Liturgia delle Ore estende alle diverse ore del giorno le prerogative del mistero eucaristico, «centro e culmine di tutta la vita della comunità cristiana»: la lode e il rendimento di grazie, la memoria dei misteri della salvezza, le suppliche e la pregustazione della gloria celeste. La celebrazione dell’Eucaristia viene anche preparata ottimamente mediante la Liturgia delle Ore, in quanto per suo mezzo vengono suscitate e accresciute le disposizioni necessarie alla fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia, quali sono la fede, la speranza, la carità, la devozione e il desiderio dell’abnegazione di sé.

 Esercizio dell’ufficio sacerdotale di Cristo nella liturgia delle Ore

13.«L’opera della redenzione umana e della perfetta glorificazione di Dio», Cristo la compie nello Spirito Santo per mezzo della sua Chiesa non soltanto quando si celebra l’Eucaristia e si amministrano i sacramenti, ma anche, a preferenza di altri modi, quando si celebra la Liturgia delle Ore. In essa egli stesso è presente quando si raduna l’assemblea, quando si proclama la parola di Dio, «quando la Chiesa supplica e salmeggia».

Santificazione dell’uomo

14.Nella Liturgia delle Ore si compie la santificazione dell’uomo e si esercita il culto divino in modo da realizzare in essa quasi quello scambio o dialogo fra Dio e gli uomini nel quale «Dio parla al suo popolo… il popolo a sua volta risponde a Dio con il canto e con la preghiera». Senza dubbio i partecipanti possono ottenere dalla Liturgia delle Ore una santificazione larghissima per mezzo della parola salvifica di Dio che ha grande importanza in essa. Dalla Sacra Scrittura si scelgono, infatti, le letture. Da essa viene la Parola divina dei salmi che si cantano davanti a Dio. Di afflato e ispirazione biblica sono permeate le altre preci, orazioni e canti. Non solo dunque quando si legge tutto ciò che è «stato scritto per nostra istruzione» (Rm 15, 4), ma anche quando la Chiesa prega o canta, si alimenta la fede dei partecipanti, le menti sono sollevate verso Dio per rendergli un ossequio ragionevole e ricevere con più abbondanza la sua grazia.

Lode offerta a Dio in unione con la Chiesa celeste

15. Nella Liturgia delle Ore la Chiesa, esercitando l’ufficio sacerdotale del suo Capo, offre a Dio «incessantemente», il sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Questa preghiera è «la voce della stessa Sposa che parla allo Sposo, anzi è la preghiera che Cristo, unito al suo Corpo, eleva al Padre». «Tutti coloro, pertanto, che compiono questa preghiera, adempiono da una parte l’obbligo proprio della Chiesa e dall’altra partecipano al sommo onore della Sposa di Cristo perché, celebrando le lodi di Dio, stanno dinanzi al suo trono a nome della Madre Chiesa».

16. La Chiesa, dando lode a Dio nelle Ore, si associa a quel carme di lode che viene eternamente cantato nelle sedi celesti; pregusta, nel medesimo tempo, quella lode celeste descritta da Giovanni nell’Apocalisse, lode che ininterrottamente risuona davanti al trono di Dio e dell’Agnello. La stretta unione di noi con la Chiesa celeste si realizza quando «in comune esultanza celebriamo la lode della maestà divina, e noi tutti, di ogni tribù, lingua, popolo e nazione, riscattati con il sangue di Cristo (cf Ap 5, 9) e radunati in un’unica Chiesa, con un unico canto di lode celebriamo Dio uno e trino». Questa liturgia celeste i profeti quasi la previdero nella vittoria del giorno senza notte, della luce senza tenebre: «Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna» (Is 60, 19; cf Ap 21, 23.25). «Sarà un unico giorno. Il Signore lo conosce. Non ci sarà né giorno né notte. Verso sera risplenderà la luce» (Zc 14, 7). Già, veramente per noi «è arrivata la fine dei tempi (cf 1Cor 10, 11, e la rinnovazione del mondo è irrevocabilmente fissata e in certo modo è realmente anticipata in questo mondo». Così, per mezzo della fede, noi siamo anche ammaestrati sul significato della nostra vita temporale, per attendere insieme con tutte le creature la rivelazione dei figli di Dio.

  Nella Liturgia delle Ore noi proclamiamo questa fede, esprimiamo e alimentiamo questa speranza, partecipiamo in qualche modo al gaudio della lode perenne e del giorno che non conosce tramonto.

Supplica e intercessione

17. Ma, oltre alla lode di Dio, la Chiesa nella liturgia esprime i voti e i desideri di tutti i cristiani, anzi supplica Cristo, e, per mezzo di lui, il Padre per la salvezza di tutto il mondo. Questa voce non è soltanto della Chiesa, ma anche di Cristo, poiché le preghiere vengono fatte a nome di Cristo, cioè «per il nostro Signore Gesù Cristo», e così la Chiesa continua a fare quelle preghiere e suppliche che Cristo offrì nei giorni della sua vita terrena, e che perciò godono di una efficacia particolare. E così, non solo con la carità, con l’esempio e con le opere di penitenza, ma anche con l’orazione la comunità ecclesiale esercita la sua funzione materna di portare le anime a Cristo. Questo compito spetta specialmente a coloro che per un mandato speciale sono chiamati a celebrare la Liturgia delle Ore: cioè ai vescovi e ai sacerdoti, che in forza del loro ufficio pregano per il loro popolo e per tutto il popolo di Dio, e agli altri ministri sacri come pure ai religiosi.

Culmine e fonte dell’azione pastorale

18. Coloro che partecipano alla Liturgia delle Ore danno incremento al popolo di Dio in virtù di una misteriosa fecondità apostolica; il lavoro apostolico, infatti, è ordinato «a che tutti, diventati figli di Dio, mediante la fede e il battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte al sacrificio e alla mensa del Signore». Vivendo in tal modo i fedeli esprimono e manifestano agli altri «il mistero di Cristo e la genuina natura della Chiesa, che ha la caratteristica di essere… visibile, ma dotata di realtà invisibili, fervente nell’azione e dedita alla contemplazione, presente nel mondo e tuttavia pellegrina». A loro volta, le letture e le preghiere della Liturgia delle Ore costituiscono una genuina fonte di vita cristiana. Tale vita si nutre alla mensa della Sacra Scrittura e con le parole dei santi, ma è rinvigorita dalla preghiera. Solo il Signore, infatti, senza il quale non possiamo far nulla, da noi pregato, può dare efficacia e sviluppo alle nostre opere, così che ogni giorno veniamo edificati per diventare tempio di Dio, per mezzo dello Spirito, fino alla misura che conviene alla piena maturità di Cristo e nello stesso tempo irrobustiamo le nostre forze per evangelizzare il Cristo a coloro che sono fuori.

La mente concordi con la voce

19. Perché questa preghiera sia propria di ciascuno di coloro che vi prendono parte e sia parimenti fonte di pietà e di molteplice grazia divina, e nutrimento dell’orazione personale e dell’azione apostolica, è necessario che la mente stessa si trovi in accordo con la voce mediante una celebrazione degna, attenta e fervorosa. Tutti cooperino diligentemente con la grazia divina per non riceverla invano. Cercando Cristo, e penetrando sempre più intimamente con l’orazione nel suo mistero, lodino Dio e innalzino suppliche con quel medesimo animo con il quale pregava lo stesso divino Redentore.

[…]

II. Lodi mattutine e Vespri

37.«Le Lodi, come preghiera del mattino, e i Vespri come preghiera della sera, che secondo la venerabile tradizione di tutta la Chiesa, sono il duplice cardine dell’Ufficio quotidiano, devono essere ritenute le Ore principali e come tali celebrate».

38. Le Lodi mattutine sono destinate e ordinate a santificare il tempo mattutino come appare da molti dei loro elementi. Tale caratteristica mattutina è espressa assai bene da queste parole di san Basilio Magno: «Il Mattutino è fatto per consacrare a Dio i primi moti della nostra mente e del nostro spirito in modo da non intraprendere nulla prima di esserci rinfrancati col pensiero di Dio, come sta scritto: “Mi sono ricordato di Dio e ne ho avuto letizia” (Sal 76, 4); né il corpo si applichi al lavoro prima di aver fatto ciò che è stato detto: “Ti prego, Signore. Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t’invoco e sto in attesa” (Sal 5, 4-5)». Quest’ora inoltre, che si celebra allo spuntar della nuova luce del giorno, ricorda la risurrezione del Signore Gesù, «luce vera che illumina ogni uomo» (Gv 1, 9) e «sole di giustizia» (Ml 4, 2), «che sorge dall’alto» (Lc 1, 78). Perciò ben si comprende la raccomandazione di san Cipriano: «Bisogna pregare al mattino, per celebrare con la preghiera mattutina la risurrezione del Signore».

39. I Vespri si celebrano quando si fa sera e il giorno ormai declina, «per rendere grazie di ciò che nel medesimo giorno ci è stato donato o con rettitudine abbiamo compiuto». Con l’orazione che innalziamo, «come incenso davanti al Signore», e nella quale «l’elevarsi delle nostre mani» diventa «sacrificio della sera» ricordiamo anche la nostra redenzione. E questo «si può anche intendere, con un significato più spirituale, dell’autentico sacrificio vespertino: sia di quello che il Signore e Salvatore affidò, nell’ora serale, agli apostoli durante la Cena, quando inaugurò i santi misteri della Chiesa, sia di quello stesso del giorno dopo, quando, con l’elevazione delle sue mani in croce, offrì al Padre per la salvezza del mondo intero se stesso, quale sacrificio della sera, cioè come sacrificio della fine dei secoli».

Per orientare, infine, la nostra speranza alla luce che non conosce tramonto, «noi preghiamo e chiediamo che di nuovo venga su di noi la luce, e invochiamo la venuta di Cristo che ci porterà la grazia della luce eterna». Finalmente in questa Ora, in armonia con le Chiese orientali, cantiamo: «O luce gioiosa della santa gloria dell’eterno Padre celeste, Gesù Cristo; giunti al tramonto del sole, vedendo il lume della sera, celebriamo il Padre, e il Figlio e lo Spirito Santo Dio…».

40. Si devono quindi tenere in grandissima considerazione le Lodi mattutine e i Vespri come preghiera della comunità cristiana: la loro celebrazione pubblica e comune sia incoraggiata specialmente presso coloro che fanno vita in comune. Anzi, la loro recita sia raccomandata anche ai singoli fedeli che non possono partecipare alla celebrazione comune.

[…]

I. I salmi e il loro rapporto con la preghiera cristiana

100.Nella Liturgia delle Ore la Chiesa prega in gran parte con quei bellissimi canti, che i sacri autori, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno composto nell’Antico Testamento. Per la loro stessa origine, infatti, essi hanno una capacità tale da elevare la mente degli uomini a Dio, da suscitare in essi pii e santi affetti, da aiutarli mirabilmente a render grazie a Dio nelle circostanze prospere, da recare consolazione e fermezza d’animo nelle avversità.

101. I salmi, tuttavia, non offrono che un’immagine imperfetta di quella pienezza dei tempi che apparve in Cristo Signore e dalla quale trae il suo vigore la preghiera della Chiesa. Pertanto può talvolta accadere che, pur concordando tutti i cristiani nella somma stima dei salmi, trovino tuttavia qualche difficoltà, nello stesso tempo in cui cercano di far propri nella preghiera quei canti venerandi.

102.Ma lo Spirito Santo, sotto la cui ispirazione i salmisti hanno cantato, assiste sempre con la sua grazia coloro che eseguono tali inni con fede e buona volontà. È tuttavia necessario che ciascuno, secondo le sue possibilità, si procuri «una maggiore formazione biblica, specialmente riguardo ai salmi». Inoltre si deve arrivare ad assimilare bene il modo e il metodo migliore per pregarli come si conviene.

104.Chi dunque vuole salmeggiare con spirito di intelligenza deve percorrere i salmi versetto per versetto e rimanere sempre pronto nel suo cuore alla risposta. Così vuole lo Spirito, che ha ispirato il salmista e che assisterà ogni uomo di sentimenti religiosi aperto ad accogliere la sua grazia. Per questo la salmodia, anche se eseguita con tutto quel rispetto che si deve alla maestà di Dio, deve prorompere dalla gioia del cuore e ispirarsi all’amore, come si addice a una poesia sacra e a un canto divino, e massimamente alla libertà dei figli di Dio.

106.Chi recita i salmi apre il suo cuore a quei sentimenti che i salmi ispirano secondo il loro genere letterario: di lamentazione, di fiducia, di rendimento di grazie. Questi generi letterari giustamente sono tenuti in grande considerazione dagli esegeti.

107.Chi recita i salmi, aderendo al significato delle parole, presta attenzione all’importanza del testo per la vita umana dei credenti. Si sa, infatti, che ogni salmo fu composto in circostanze particolari, alle quali intendono riferirsi i titoli premessi a ciascuno di essi nel salterio ebraico. Ma in verità qualunque sia la sua origine storica, ogni salmo ha un proprio significato, che anche ai nostri tempi non possiamo trascurare. Sebbene quei carmi siano stati composti molti secoli fa presso popoli orientali, essi esprimono assai bene i dolori e la speranza, la miseria e la fiducia degli uomini di ogni tempo e regione, e cantano specialmente la fede in Dio, la rivelazione e la redenzione.

108.Chi recita i salmi nella Liturgia delle Ore, li recita non tanto a nome proprio quanto a nome di tutto il Corpo di Cristo, anzi nella persona di Cristo stesso. Se ciascuno tiene presente questa dottrina, svaniscono le difficoltà, che chi salmeggia potrebbe avvertire per la differenza del suo stato d’animo da quello espresso nel salmo, come accade quando chi è triste e nell’angoscia incontra un salmo di giubilo, o, al contrario, è felice e si trova di fronte a un canto di lamentazione. Nella preghiera puramente privata si può evitare questa dissonanza, perché vi è modo di scegliere il salmo più adatto al proprio stato d’animo. Nell’Ufficio divino, invece, si ha un determinato ciclo di salmi valevole per tutta la comunità ed eseguito non a titolo personale, ma a nome di tutta la Chiesa, anche quando si tratta di un orante che celebra qualche Ora da solo. Chi salmeggia a nome della Chiesa può sempre trovare un motivo di gioia o tristezza, perché anche in questo fatto conserva il suo significato l’espressione dell’Apostolo: «Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto» (Rm 12, 15) e così la fragilità umana, ferita dall’amor proprio, viene risanata nella misura di quella carità per la quale la mente concorda con la voce che salmeggia.

109. Chi recita i salmi a nome della Chiesa, deve badare al senso pieno dei salmi, specialmente al senso messianico, per il quale la Chiesa ha adottato il salterio. Tale senso messianico è diventato pienamente chiaro nel Nuovo Testamento, anzi fu posto in piena luce dallo stesso Cristo Signore, quando disse agli apostoli: «Bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei profeti e nei salmi» (Lc 24, 44). Di ciò è esempio notissimo quel dialogo, riferito da Matteo, circa il Messia, Figlio di David e suo Signore in cui il salmo 109 è riferito al Messia. Seguendo questa via, i santi Padri accolsero e spiegarono tutto il salterio come profezia di Cristo e sulla Chiesa; e con lo stesso criterio i salmi sono stati scelti nella sacra liturgia. Sebbene talvolta si proponessero alcune interpretazioni alquanto complicate, tuttavia generalmente sia i Padri che la liturgia con ragione vedevano nei salmi Cristo che si rivolge al Padre, o il Padre che parla al Figlio; anzi riconoscevano la voce della Chiesa, degli apostoli e dei martiri. Questo metodo di interpretazione fiorì anche nel Medioevo, quando coloro che salmeggiavano trovavano in molti codici, scritti in quell’epoca, il titolo preposto a ciascun salmo e così si apriva loro il senso cristologico dei salmi.

L’interpretazione cristologica non si limita soltanto a quei salmi che sono considerati messianici, ma si estende a molti altri, nei quali senza dubbio si tratta di semplici adattamenti, convalidati tuttavia dalla tradizione della Chiesa. Soprattutto nella salmodia dei giorni festivi, i salmi sono stati scelti in base a un certo orientamento cristologico, ad illustrare il quale per lo più vengono proposte delle antifone tratte dagli stessi salmi.

II. Le antifone e gli altri elementi che aiutano a pregare con i salmi

110.Tre elementi nella tradizione latina hanno contribuito molto a far comprendere i salmi e a trasformarli in preghiera cristiana: i titoli, le orazioni dopo i salmi e soprattutto le antifone.

111.Nel salterio della Liturgia delle Ore, ad ogni salmo è premesso un titolo sul suo significato e la sua importanza per la vita umana del credente. Questi titoli, nel libro della Liturgia delle Ore, sono proposti unicamente a utilità di coloro che recitano i salmi. Per alimentare la preghiera alla luce della rivelazione nuova, si aggiunge una sentenza del Nuovo Testamento o dei Padri che invita a pregare in senso cristologico.

112.Le orazioni sui salmi hanno il fine di aiutare coloro che li recitano a interpretarli in senso soprattutto cristiano. Sono proposte per i singoli salmi nel Supplemento al libro della Liturgia delle Ore e si possono liberamente usare, secondo una antica tradizione. Così terminato il salmo e fatta una pausa di silenzio, l’orazione raccoglie e conclude i sentimenti di coloro che hanno recitato il salmo.

113. Anche quando la Liturgia delle Ore è eseguita senza canto, ogni salmo ha la propria antifona, che si dice ugualmente nella recita individuale. Le antifone, infatti, aiutano a illustrare il genere letterario del salmo; trasformano il salmo in preghiera personale: mettono meglio in luce una frase degna di attenzione, che altrimenti potrebbe sfuggire; danno un certo tono particolare a qualche salmo a seconda delle circostanze; anzi, purché si escludano adattamenti stravaganti, giovano molto all’interpretazione tipologica o festiva; possono rendere piacevole e varia la recita dei salmi.

III. Il modo di salmodiare

122. I salmi si cantano o si recitano in modo continuato (cioè in directum), oppure a versetti o strofe in alternanza tra due cori o parti dell’assemblea, o in modo responsoriale. Tutto ciò secondo le diverse usanze confermate dalla tradizione e dall’esperienza.

San Basilio – Omelia sul salmo 1 (tratti)

Ma il Libro dei Salmi tutto abbraccia ciò che vi è di utile negli altri: predice il futuro; rievoca il passato; dà leggi per la vi¬ta; suggerisce la condotta che si deve tenere; insomma, è un tesoro comune di buoni insegnamenti e trova per ciascuno la cura che gli è più utile. Infatti cura le anti-che ferite dell’anima e reca rapido sollievo alle recenti; cura ciò che è malato e conserva in salute ciò che è sano. Strappa completamente, per quanto è possibile, le passioni che variamente tiranneggiano l’animo umano…
Il salmo è tranquillità dell’anima, arbitro di pace, allontana il tumultuare e l’ondeggiare dei pensieri. Re¬prime infatti l’ira dell’animo, corregge e modera la sfre¬natezza. Il salmo concilia l’amicizia, riconcilia coloro che sono separati, dirime le inimicizie. Chi infatti può an¬cora ritenere come nemico colui col quale ha elevato a Dio un unico, comune canto? Così la salmodia procura anche il massimo dei beni, l’amore, in quanto introdu¬ce l’uso del canto comune, come una specie di vincolo di concordia, e in quanto fonde armoniosamente la mol¬titudine nella sinfonia di un solo coro.
Il salmo fuga i demoni, richiama l’aiuto degli ange¬li. E’ scudo nei timori notturni, è pausa nelle fatiche diurne; è sicurezza dei fanciulli, ornamento di coloro che sono nel fiore dell’età, consolazione ai vecchi. E’ l’or¬namento più adatto per le donne; rende abitabili i de¬serti, modera le comunità umane. E’ la base per coloro che muovono i primi passi sul¬la via della perfezione, incremento di coloro che progre¬discono in questo cammino, sostegno di coloro che giun¬gono alla meta. E’ voce della Chiesa. Esso allieta i giorni festivi, es¬so crea quella gravità che piace a Dio. Il salmo infatti trae lacrime anche da un cuore di pietra. Il salmo è opera degli angeli, creazione celeste, spi¬rituale profumo…
Qui puoi trovare spiegati la teologia, la profezia del¬la presenza di Cristo nella carne, la minaccia del giudi¬zio, la speranza della risurrezione, il timore del castigo, promesse di gloria, rivelazione di misteri. Tutte queste cose, come in un grande e comune tesoro, sono riposte nel libro dei salmi.

Sant’Ambrogio – La preghiera dei salmi è un canto d’amore

Che cosa di più dolce di un salmo? Per questo lo stesso Davide dice splendidamente: «Lodate il Signore: è bello cantare al nostro Dio, dolce è lodarlo come a lui conviene» (Sal 146, 1). Davvero! Il salmo infatti è benedizione per i fedeli, lode a Dio, inno del popolo, plauso di tutti, parola universale, voce della Chiesa, professione e canto di fede, espressione di autentica devozione, gioia di libertà, grido di giubilo, suono di letizia.
Mitiga l’ira, libera dalle sollecitudini, solleva dalla mestizia. E’ protezione nella notte, istruzione nel giorno, scudo nel timore, festa nella santità, immagine di tranquillità, pegno di pace e di concordia che, a modo di cetra, da voci molteplici e differenti ricava un’unica melodia. Il salmo canta il sorgere del giorno, il salmo ne fa risonare il tramonto.
Nel salmo il gusto gareggia con l’istruzione. Nello stesso tempo si canta per diletto e si apprende per ammaestramento. Che cos’è che non trovi quando tu leggi i salmi? In essi leggo: «Canto d’amore» (Sal 44, 1) e mi sento infiammare dal desiderio di un santo amore. In essi passo in rassegna le grazie della rivelazione, le testimonianze della risurrezione, i doni della promessa. In essi imparo ad evitare il peccato, e a non vergognarmi della penitenza per i peccati.
Che cos’è dunque il salmo se non lo strumento musicale delle virtù, suonando il quale con il plettro dello Spirito Santo, il venerando profeta fa echeggiare in terra la dolcezza del suono celeste? Modulava gli accordi di voci diverse sulle corde della lira e dell’arpa, che sono resti di animali morti, e così innalza verso il cielo il canto della divina lode. In tal modo ci insegnava che prima si deve morire al peccato e solamente dopo si può stabilire in questo corpo la varietà delle diverse opere di virtù con le quali rendere al Signore l’omaggio della nostra devozione.
Davide ci ha dunque insegnato che bisogna cantare, che bisogna salmeggiare nell’intimo del cuore come cantava anche Paolo dicendo: «Pregherò con lo spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza; canterò con lo spirito, ma canterò anche con l’intelligenza» (1 Cor 14, 15).
Davide ci ha detto che bisogna formare la nostra vita e i nostri atti alla contemplazione delle cose superne, perché il piacere della dolcezza non ecciti le passioni del corpo, dalle quali la nostra anima è oppressa e non liberata.
Il santo profeta ci ha ricordato che egli salmeggiava per liberare la sua anima e per questo disse: «Ti canterò sulla cetra, o santo d’Israele. Cantando le tue lodi esulteranno le mie labbra e la mia vita, che tu hai riscattato» (Sal 70, 22-23).

Sant’Atanasio – Lettera a Marcellino (I Salmi sono specchio dell’anima)

Mi sembra che, siccome i Salmi servono da specchio per coloro che li cantano, in essi uno vede riflesso se stesso e la propria anima e non può resistere dal renderli in tale maniera. Le loro parole giungono così a destinazione con eguale intensità a coloro che le sentono cantare e muovono anch’essi ad una simile reazione.
A volte è il pentimento che viene generato in questa maniera, come nelle parole che muovono la coscienza del Salmo 51; un’altra volta, udendo come Dio aiuti coloro che sperano e hanno fede in Lui, anche colui che ascolta gioisce e inizia a rendere grazie, come se quel grazioso soccorso fosse già suo proprio. Per fare un altro esempio, un uomo che porta le sue afflizioni nella sua mente canterà il Salmo 3, i Salmi 11 e 12 per esprimere la sua propria fede e preghiera e cantando il 54, il 56, il 57 e il 142 non è come se qualcun altro fosse perseguito bensì rende lode a Dio come reazione alla propria esperienza.
Ogni altro Salmo è pronunciato e composto dallo Spirito nella stessa identica maniera: come in uno specchio, i movimenti delle nostre proprie anime si riflettono in esso e le parole sono effettivamente le nostre, date a noi per servire come promemoria delle nostre mutazioni di condizione e come ordito e modello per il miglioramento delle nostre vite…
È possibile per noi, pertanto, trovare nel Salterio non solo il riflesso dello stato della nostra anima, insieme alla didattica ed esempi per tutte le condizioni possibili, ma anche una forma adatta di parole con le quali piacere al Signore in ciascuna delle occasioni che si presentano nella nostra vita, parole sia di pentimento che di ringraziamento, in modo che non cadiamo nel peccato…
Lasciamo pertanto che chiunque reciti i Salmi abbia una sicura speranza che attraverso di questi Dio presterà prontamente ascolto a coloro che sono bisognosi. Perché, se un uomo è in afflizione quando li dice, in essi egli troverà gran conforto; se è tentato o perseguitato, si troverà più abile nell’affrontare la prova e sperimenterà la protezione del Signore, che difende sempre coloro che pronunciano queste parole. Con queste un uomo sconfiggerà il diavolo e metterà in fuga i nemici. Se ha peccato, usandole si pentirà; se non ha peccato, gioirà nel vedere che si sta protendendo verso le cose elevate e, lottando in tal modo, troverà la vittoria nel potere dei Salmi. Mai un tale uomo sarà scosso dalla verità, piuttosto confuterà coloro che tenteranno di ingannarlo e a indurlo in errore, e non c’è alcun maestro umano che ci promette ciò, ma le stesse Divine Scritture…
[…] “Meditate queste cose, dimorate in esse affinché il vostro progresso sia reso visibile”.
E così anche tu, Marcellino, meditando i Salmi e leggendoli con intelligenza, con lo Spirito come tua guida, sarai in grado di carpire il significato di ciascuno, fin quanto tu lo desideri. E ti sforzerai così anche di imitare le vite di quei santi che per primi le pronunciarono.

Sant’Agostino – Enarationes in Psalmos 137,3

Psalterium meum, gaudium meum! (Il mio salterio, la mia gioia).